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La virilità è una nozione sempre più precaria
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Ormai sempre più di frequente capita di leggere di una non meglio identificata crisi del maschile. Per molti questa formula rappresenta una situazione in cui gli uomini subiscono la crescita di libertà, di autonomia e di autorevolezza delle donne come una minaccia alla propria posizione nel mondo, anzi alla propria identità. Si descrivono uomini intimoriti dall'intraprendenza femminile nelle relazioni affettive e nel corteggiamento o a difesa delle proprie posizioni sul lavoro.
.Intraprendenza femminile, depressione maschile
Questa rappresentazione porta con se alcuni corollari: la depressione maschile, la crescita di insicurezza che rischiano di minarne la virilità, ma anche una chiave interpretativa dell'instabilità delle relazioni di coppia quando non anche della violenza maschile contro le donne, leggibile come reazione a questa invasione e alla conseguente frustrazione. Questa interpretazione dice che crisi del maschile e crisi dei singoli uomini corrispondono e dunque che la messa in discussione di modelli culturali obsoleti e ruoli sociali consolidati rappresenta per i singoli uomini una minaccia e una fonte di sofferenza. In secondo luogo, dice che l'identità sessuata degli uomini, anche la loro sicurezza di sé, la certezza della propria virilità, può essere intaccata da una nuova libertà femminile, da un nuovo protagonismo delle donne sul lavoro o nella società. Questa interpretazione, però, nasconde alcune trappole, perché se da un lato rivela la crisi di un sistema simbolico, di un linguaggio, di una socialità maschile e di un quadro di significati in cui sono state inscritte le prospettive esistenziali degli uomini, dall'altro schiaccia queste prospettive in un universo omogeneo e uniforme, la cui crisi diventa minaccia per ogni singola prospettiva individuale. Al contrario la riflessione critica sulla mascolinità avviata prima nel mondo anglosassone ma cresciuta anche nel nostro Paese negli ultimi anni individua proprio nella crisi del modello di valori tradizionali un'occasione di libertà per ogni singolo uomo, un'opportunità per reinventare la propria collocazione nel mondo.
.Totalitarismi e crisi di identità
La categoria della crisi del maschile è stata in passato fonte di spinte revanciste e reazionarie, ispirate alla ricostruzione di un ordine perduto, messo in discussione dalla modernizzazione della società, dalla secolarizzazione e dall'irruzione di nuove soggettività. Proprio la corrispondenza tra modello di mascolinità dominante e singola identità degli uomini ha prodotto una pericolosa corrispondenza tra crisi di modelli di riferimento e precarietà dell'identità sessuale degli uomini. La riflessione storiografica ci racconta come questa ansia di smarrimento della mascolinità, di rischio di degenerazione, abbia segnato le nostre società in periodi di crisi (in particolare tra Ottocento e Novecento) e di come abbia trovato risposta in prospettive regressive autoritarie e identitarie il cui naturale esito sono stati i nazionalismi e le culture belliciste. La femminilizzazione della società, rappresentata nella sua doppia dimensione di crescita femminile in ruoli tradizionalmente maschili seguita alla prima guerra mondiale e di crescita di masse volubili e prive della qualità virile dell'autodisciplina, trova una risposta nelle ideologie su cui si sono fondati i nazionalismi autoritari e reazionari. La guerra, l'appartenenza ad una comunità capace di conferire identità (la Patria, la Nazione), la partecipazione a una sorta di corpo maschile collettivo sono divenuti l'occasione per rifondare un ordine e al tempo stesso, per ogni uomo, di verificare e ricostituire la propria virilità.
.La fragile seduzione della virilità
Ancora oggi il modello tradizionale di mascolinità, i suoi linguaggi e i suoi modelli valoriali esercitano una grande seduzione sugli uomini di ogni latitudine geografica e culturale riproponendo forme regressive di appartenenza, anche nell'ambito di culture che si vogliono critiche. La domanda di identità degli uomini è una categoria molto fertile per leggere la torsione integralista di movimenti di trasformazione fuori dall'Europa e la stessa crescita di spinte xenofobe e, di nuovo, integraliste, nel nostro continente. Di fronte alla crisi delle grandi narrazioni e delle prospettive di emancipazione e trasformazione, il richiamo alla genealogia maschile, alla terra e alla religione dei padri, alla costruzione dell'identità basata sull'esclusione dell'altro, esprimono come il maschile sia un luogo conflittuale e irrisolto della nostra riflessione politica e culturale. Ma se tutto ciò ha un fondamento, emerge una conseguenza spesso oscurata: se è possibile che venga messa a rischio dall'irruzione femminile nella sfera pubblica, la mascolinità si rivela più fragile e precaria di quanto non appaia.
.Potere maschile e generatività femminile
La precarietà della virilità non segna soltanto i passaggi d'epoca della società europea, è un dato che contraddistingue la storia di ogni singolo uomo. Sin da piccolo ognuno di noi viene invitato a dimostrare di essere un maschio e di non cadere, con il pianto o la debolezza, nel baratro dell'indistinto femminile. In seguito veniamo richiamati alla necessità di allontanarci dall'ombra delle gonne della madre per trovare la fondazione della nostra virilità nel gruppo dei soli maschi: il bar, l'esercito, la squadra di calcio, la banda, ecc. Il percorso di costruzione della propria identità da parte di un uomo è contrassegnato da continue iniziazioni, verifiche e minacce determinate dalla precarietà della sua virilità: una condizione da ostentare con prove di forza o di destrezza, di sarcasmo o di indifferenza al dolore o alla dimensione sentimentale. La virilità, insomma, è una condizione che si fonda fuori di noi e ha bisogno di continue conferme nel nostro essere sociale. Ciò accade perché la costruzione dell'identità maschile è figlia di un conflitto con la corporeità, con il primato femminile nella generazione da cui deriva la necessità di costruire, socialmente e simbolicamente, una genealogia fondata sull'autorità e sul potere paterno. Da qui il nesso stretto tra detenzione di potere/sapere e costruzione dell'identità.
.Depressioni e impotenze
Così un uomo può entrare in crisi se la sua compagna ha un titolo di studio superiore, un reddito più alto o un incarico di maggiore responsabilità. Non si tratta di semplice frustrazione, ma di una condizione che rischia di minare un'identità. Un bel libro di Tahar Ben Jelloun racconta come per tanti immigrati magrebini, sradicati dal proprio ambiente, la sofferenza per la perdita d'identità, per lo sradicamento che li colloca in un universo culturale e una socialità estranei, giunga a colpirli nel corpo fino all'impotenza sessuale. Non diversamente a volte anche i cassintegrati italiani, con la perdita del lavoro e la costrizione a stare in casa, magari con una moglie che lavora, giungono alla depressione e vedono minata la propria identità maschile.
.Prestazione e piacere
Siamo perseguitati da e-mail che propongono farmaci e interventi chirurgici o protesi che promettono di garantire prestazioni sessuali costanti e capaci di soddisfare le nostre partner. Paradossalmente gli uomini paiono più interessati alle proprie prestazioni che al proprio piacere, a un'esperienza sessuale che ne confermi la virilità prima di risultare piena e appagante. La scissione con il proprio corpo e la ricerca di una continua verifica fuori di sé, l'inseguimento di un modello e lo schiacciare la propria sessualità nel modello stereotipato della virilità, della potenza e della prestazione, generano innanzitutto l'impoverimento dell'esperienza che ogni uomo può fare del proprio corpo e delle proprie relazioni.
.Il vuoto della socialità maschile
Esponendo gli uomini a una continua verifica, la costruzione sociale storicamente determinata che riduce l'identità maschile alla sua versione appiattita sulla virilità, diventa dunque non solo un dispositivo oppressivo verso le donne ma anche una gabbia che imprigiona la libertà di ogni uomo. La crisi del maschile si misura nell'incapacità di questi modelli tradizionali di fornire senso alle nostre vite e alle nostre domande, nell'insopportabile vuoto che segna troppo spesso la socialità tra uomini, nella impossibile riproposizione di modelli, linguaggi e prospettive di realizzazione di sé che il mondo del maschile ci offre e che appaiono ormai ai nostri occhi inservibili. Non più credibili.
.L'autorevolezza femminile come opportunità
Concludendo, ritengo che la grande e contraddittoria trasformazione innescata dall'irruzione nella storia, e nelle nostre singole storie, della libertà femminile, dell'autonoma ricerca di senso delle donne, la loro rivendicazione del desiderio e del piacere, non rappresentino una minaccia per gli uomini ma un'opportunità. L'entrata in crisi di modelli tradizionali apre l'occasione di costruire pratiche collettive oltre che ricerche individuali, tali da schiudere alla potenzialità delle nostre vite un orizzonte ancora inesplorato.
.Oltre il politicamente corretto
Lo stesso percorso di riflessione sviluppato collettivamente da gruppi di uomini che nel nostro paese hanno deciso di porre a critica modelli dominanti di socialità maschile non è riconducibile allo stereotipo depresso e penitenziale dei maschi buoni rasseganti alla perdita di identità e motivati da una spinta meramente etica quando non ridotta al politicamente corretto. E' al contrario il frutto della scelta fatta da molti di noi di non subire una strada già tracciata, di ascoltare i nostri desideri, di riconoscere quanto il nostro stesso immaginario fosse colonizzato da un sistema oppressivo. In questa stessa ricerca le parole costruite dal pensiero delle donne sono state una risorsa per dire cose che la cultura del nostro genere non ci aveva insegnato a esprimere. Oggi possiamo costruire parole nuove che dicano di un diverso maschile possibile.
.Stefano Ciccone
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FONTE:http://www.diogenemagazine.com/index.php?option=com_content&task=view&id=113&Itemid=29