Nel tardo pomeriggio di ieri mi sono recato presso un punto vendita Feltrinelli, e com'è mia abitudine, ho iniziato a cercare — nell'ampia sezione dedicata ai film — un titolo capace di catturare la mia attenzione. Scorrendo le trame, infine, mi sono concentrato sul film "Race - Il colore della vittoria" di Stephen Hopkins, in cui si racconta la storia di Jesse Owens. L'atleta afroamericano, all'epoca 23enne, divenne famoso per aver vinto la medaglia d'oro nei 100 metri il 3 agosto del 1936. Secondo la ricostruzione dell'evento, dopo la sua vittoria, Adolf Hitler abbandonò lo stadio infuriato senza stringergli la mano in quanto inflisse una bruciante smentita alla superiorità ariana. [1]
Peccato che, sebbene l'episodio venga comunamente accettato come "evento storico", stando all'autobiografia scritta dallo stesso Owens, in realtà, le cose andarono diversamente: "Quel giorno, dopo essere salito sul podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il cancelliere tedesco mi guardò, si alzò in piedi e mi salutò con un cenno della mano. E io feci altrettanto. Penso che gli scrittori mostrarono del cattivo gusto nel criticare l'uomo del momento in Germania. Mi snobbò ben di più il presidente americano Roosevelt, evitando di incontrarmi alla Casa Bianca."
La propaganda, ancora una volta, ha agito in modo da distorcere i fatti presso coloro che non li conoscono, ed è divertente vedere quante sciocchezze vollero inserire sulla Germania del Terzo Reich.
[1] The Jewish Western Bulletin, 21 agosto 1936, pag. 1.